Pinotti Conclusiones Ummo
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Come abbiamo visto, la prima lettera «ummita» redatta in italiano fu inoltrata nel 1969 al direttore della rivista CLYPEUS di Torino, che ne dette notizia all’inizio del 1971 (sul suo n. 33) e successivamente ancora nel 1972.
Chi scrive tiene a precisare che, senza che l’interessato sapesse che la nostra rivista si stava per occupare dell’argomento, una persona di Roma lo ha casualmente informato di avere anch’egli ricevuto a suo tempo dei «comunicati ummiti». Costui non ha esitato a fornire tale materiale in originale, in tutto due lettere: la prima e la terza delle tre ricevute, essendo la seconda andata smarrita nel corso degli anni.
La prima missiva, datata «24 febbraio 1973 E.C.» (verosimilmente, ‘Era Cristiana’), riporta I il timbro postale di Roma. E si tratta, anche se ci si rivolge al destinatario per nome e dunque in termini personalizzati, praticamente dello stesso testo pervenuto a CLYPEUS. L’unica differenza sono appunto alcune piccole frasi che non compaiono nell’altro testo, quali:
«Tu lo sai.»
«La nostra azione però iniziò tra il 1954 e il 1976, con amore.»
«Siamo talmente uguali a voi che neanche le tue ragazze di negozio ci sospettarono quando venimmo, da Te invitati, a mangiare cioccolato.»
e infine:
«Perché non venisti a Veio quando Te lo dicemmo? Lì potevi vedere Tu stesso… era preparato un grande privilegio per Te».
Tali differenze si giustificano con il fatto che, in precedenza, il destinatario avrebbe ricevuto una visita e una telefonata degli «Ummiti». A questo punto occorre precisare che il protagonista della storia è il Rag. Eufemio Del Buono, ammiratore di George Adamski, filo-contattista e ben noto per la sua azione divulgativa di questa tematica ufologica in Italia. Titolare di un esercizio a Monte Mario da cui si gode un panorama unico di Roma, la gelateria «Lo Zodiaco» (già «Il Pianeta del Gelato»), Del Buono (autore del volume «Noi e gli Extraterrestri», edito dalle Edizioni Mediterranee) non ha mai dato pubblicità all’accaduto, che gli abbiamo chiesto di ricostruire a distanza di tanti anni.
Premesso che chiunque avrebbe potuto copiare il testo della lettera a CLYPEUS reso noto 2 anni prima e farglielo avere, il riferimento ad una visita di due strani uomini corrisponde in effetti ad un fatto ben preciso.
E così pure l’invito telefonico rivolto da una voce metallica ad andare una certa sera nella zona della necropoli etrusca di Veio è un dato vissuto da Del Buono, che disertò l’incontro. E oggi è perplesso.
Alla prima missiva ne avrebbe fatta seguito una seconda, contenente una serie di «strane formule» di cui il destinatario cercò di venire a capo prestando la lettera a chi si offrì, fra i suoi conoscenti, di fornirne una possibile spiegazione. «La lettera si perse, e non saprei neanche io chi indicare come responsabile. Avrei dovuto farne una fotocopia», dice oggi Del Buono.
Poi, nel 1976, arrivò una terza lettera, datata «5 marzo 1976 E.C.». La più criptica. In essa il destinatario è chiamato «Fratello Coondaar», o anche «Fratello Panorama» (con riferimento a quello che si abbraccia su Roma dal suo locale), e i firmatari («Gli Amici», che siglano la missiva con il sigillo ummita e fanno riferimento nell’ultima riga ai dati contenuti nella precedente lettera andata perduta) esprimono dei concetti alla base dell’enunciazione di una specie di formula spazio-temporale illustrata in parte in un italiano non scevro da spagnolismi e da errori, e in parte in un inglese anch’esso tutt’altro che corretto (tali inesattezze linguistico-lessicali sono una costante di tutte le comunicazioni ummite).
Gli Ummiti spiegano infatti al loro interlocutore che: «(spesso) noi non siamo del mondo di cui tu fai parte. Noi siamo in un differente tipo di luogo». Anzi, più precisamente: «noi siamo in uno dei molti altri fluidi (flussi?) di tempo». Un concetto che: «se così può sembrare più facile da capire», essi esprimono con l’espressione matematica «Cg Og // B 14», la cui «opposta polarità» corrisponderebbe alla loro condizione dell’esistenza. Essi spiegano il concetto precisando che è come dire che «ci sarà un evento nell’al di là passato che è già accaduto nel futuro» e che «si incontrerà venendo dall’altra via», mentre – essi osservano – «noi tutto questo lo conosciamo sin da ora». Volendo schiudere al destinatario di questa loro lettera tale «meraviglioso e affascinante evento parte caratteristica del tuo tempo di esistenza geneticamente voluta», gli Ummiti meglio chiariscono il senso della espressione di cui sopra, precisando il valore da attribuire ai vari suoi simboli matematici. Cosi «C» indica la direzione in senso contrario di un flusso temporale, «g» il tempo in movimento, «Og» (o «zero g») il valore nullo del tempo in cui questo non scorre, «//» lo «svolgimento del fattore atemporale» e «B», invece, «l’altro termine di un tempo conosciuto che nel tuo caso è uno di 14 possibili alternative». Esso corrisponde per l’interlocutore ad «un momento di grande risveglio» ed è dato dal simbolo «B», appunto. Dei concetti fisici del tutto «sui generis».
La lettera, inoltre, esprime la necessità della «massima apertura con i fratelli» della Terra e del Cosmo, e concetti di amore universale al di là della lingua e dei refusi («amore!», «mucho amor»). Si parla anche di «diffusione intelligente di quanto chiarito» e di «intensificare la visita», cioè i rapporti, con referenti locali.
Quindi un accenno al fatto che «ci sono ora in movimento alcuni particolari campi magnetici la cui formazione fu inizialmente causata dalla (non meglio identificabile) grande apertura» verificatasi «quando il vecchio mondo fu una volta ancora rovesciato» e infine il riferimento ad altri tre nomi oltre «Coondaar»: Seti, Rohl e Ciq-wo, per la cronaca. E tant’è.
Del Buono si stringe nelle spalle. A suo tempo egli non dette seguito alla cosa. «E forse – si chiede oggi – fu un errore». Chissà…
Sia come sia, nel febbraio 1990 gli Ummiti si rifanno vivi in Italia. Stavolta il destinatario è un appassionato di Milano, Angelo Crosignani, cui perverrà, in lingua italiana, lo stesso testo ricevuto in spagnolo all’ufologo Ignacio Darnaude Rojas-Marcos di Siviglia, il 14 febbraio 1990. Si tratta, stavolta, di una comunicazione avente diretta attinenza con la situazione geopolitica del momento. Vi si menzionano Andrei Sakharov («Sajarov»), Mikhail Gorbaciov («Mijail Gorvachov») e George Bush, e sigle ben note nel linguaggio degli «addetti ai lavori» nel campo della Difesa (ICBM, SLBM, ABM, RBM) in riferimento ai missili intercontinentali e al «Sistema di Difesa Strategica» (SDI) più popolarmente noto come «Scudo Stellare» o «Guerre Stellari».
Non solo. Si tratta di «liberazione di tutti i Paesi dell’Est», e della «ondata» di avvistamenti in Unione Sovietica, con specifico riferimento al caso di «Voronez» (Voronezh). A dispetto della visione comunistoide (ma spiritualista) della realtà propria degli Ummiti. Ma vediamo nei dettagli il testo italiano che, secondo quanto indicato nella intestazione, dovrebbe essere la copia n. 106 di tale corrispondenza, inoltrata da Londra non solo in lingua italiana:
Fin qui la lettera in questione.
A parte la suggestione di contenuti e riferimenti, quest’ultima missiva non poteva non indurre Crosignani a confrontarsi con chi, in Spagna, aveva ricevuto lo stesso materiale: Ignacio Damaude Rojas-Marcos, appunto.
Damaude – lo ricordiamo – si era a suo tempo espresso in termini piuttosto critici e scettici, considerando il fenomeno una «formidabile e grossolana soverchieria puramente umana» frutto di una misteriosa organizzazione fin troppo terrestre per finalità ancora ignote.
Quando Crosignani si confrontò con Darnaude erano trascorsi ormai quattro anni dal momento in cui la misteriosa lettera era pervenuta ai due. E nel frattempo era venuto alla ribalta Jean-Pierre Petit e soprattutto Jordan Pena, che si era autoaccusato di essere lui il «regista» e l’autore della corrispondenza «ummita». Tutto chiaro, dunque? Affatto.
Nella lettera di risposta a Crosignani, infatti, Damaude (in data 31 dicembre 1994) ringrazia per i dati pervenuti, «molto interessanti e già registrati nell’UMMOCAT» (un catalogo informatizzato delle comunicazioni ummite), e sottolinea che «è assolutamente impossibile che Jordan Pena sia l’autore delle informazioni», aggiungendo che un certo gruppo di ufologi scetticisi pretenderebbe che ci si bevesse tale inverosimile panzana. Una posizione ancor più significativa se si considera chi la esprime. Ma non solo.
Il 30 novembre 1994, in un articolo apparso sulla rivista «Gesto», lo scienziato francese Jean-Pierre Petit aveva già precisato, infatti, che: «Gli Ummiti mantengono un atteggiamento assai sconcertante verso di noi. Dal 1992 avevano tentato di stabilire un contatto diretto con me, che malauguratamente è saltato per le indiscrezioni croniche della rete dei corrispondenti spagnola. Allora essi misero in piedi un’operazione di disinformazione assai naif attraverso un loro contattato, Jordan Pena, che confessò di essere l’unico autore di tutta questa manipolazione; un’affermazione evidentemente ridicola, visto il livello scientifico delle informazioni, che Pena pretendeva di aver trovato in libri di fantascienza».
Ma c’è di più.
«Pena – sottolinea Petit – confidò a Rafael Farriols, nella Pasqua del 1993, nel corso di una conversazione telefonica di cui fu diretto testimone, che erano stati gli Ummiti stessi che gli avevano chiesto di agire così.» «Gli Ummiti, dunque, desidererebbero che ci si interessi a loro – conclude l’ingegnere del CNES – ma non troppo: un passo avanti e quattro indietro…».
Che dire? Nel 1993 lo studioso italo-argentino Dante Minazzoli ci confermò che una delle ultime lettere ummite, spedita da Cuba, sottolineava che gli Ummiti si dicevano pentiti di averci contattato, ammettevano di avere commesso molti errori con e fra noi ed esprimevano l’intenzione di interrompere ogni contatto e di fare ritorno al loro pianeta. A questa affermazione fa riscontro il parere di Ignacio Darnaude Rojas-Marcos: «lo credo che la questione di Ummo non sia affatto finita, e ritengo piuttosto che continuerà più viva che mai».
Un’opinione tutt’altro che peregrina se si considera la mole di materiale prodotto in oltre tre decenni dalla questione, alla quale anche l’Italia non è estranea.
Com’è noto, nel 1994 il fisico italiano Tullio Regge ha scritto che «l’affare Ummo fa parte del peggior sciocchezzario UFO ma desta comunque preoccupazione per la sua persistenza e per il dispendio di mezzi impiegati per mantenerlo in vita». E in parte ha certo ragione. Ma liquidare il tutto così è superficiale e pretestuoso. E anche senza ravvisare collegamenti fra il famigerato CICAP di cui Regge fa parte e il suo equivalente iberico ALTERNATIVA RACIONAL di cui è collaboratore Jordan Pena ai fini di una possibile azione concertata solo in apparenza tesa ad infrangere la questione di Ummo, resta il fatto che tale azione è stata palesemente usata come strumento in Spagna da Pena, fino al giorno prima anch’egli destinatario delle missive ummite, per attaccare a fondo l’ufologia e gli ufologi. È avvenuto con il suo articolo «Umma: otro mito che hace crash» (in ALTERNATIVA RACIONAL n. 29/1993), la cui conclusione è che la montatura su Ummo dimostrerebbe che l’intera ufologia è una forma di paranoia. Come da sempre dice in pratica da oltre Atlantico il CSICOP, casa-madre sia del CICAP che di ALTERNATIVA RACIONAL.
Cosa concludere, dunque? Poco e molto allo stesso tempo. Poco perché il volto degli «Ummiti» (terrestri o originari del Sistema di «Wolf 424» che siano) resta ancora celato dopo oltre 30 anni; molto perché a tutt’oggi l’evidenza rivela che la questione è fin troppo viva e reale: da decenni un gruppo organizzato e dotato di conoscenze sofisticate e mezzi di prim’ordine si manifesta da e in tutto il mondo con studiosi, uomini di cultura, scienziati e ufologi, in un costante e contraddittorio incontro-confronto. E che si tratti di «un vasto e fuorviante progetto di intelligence», degli operatori di un «test di lungo termine dalle occulte finalità» o dell’azione di un gruppo «estraneo» e «infiltrato» teso a stabilire «una forma di cauto contatto mirato caratterizzato da forme di depistaggio mimetico» poco importa. Chi scrive sa di altri che in Italia sono stati contattati dai presunti «Ummiti» e che non vogliono che si sappia; fatto che amplia così il quadro che ci siamo sforzati di delineare. E se si comprende il contatto con personaggi più o meno noti o con esponenti ufologici non necessariamente di spicco ma in grado di interagire efficacemente con e nell’ambiente degli «addetti ai lavori» del settore, assai meno si spiega il rapporto con isolati.
Sì, certo, una mistificazione pura e semplice spiegherebbe tutto. Resta però il fatto che, in ogni caso, Ummo non è soltanto una mistificazione. È un calice contenente un cocktail in cui si avvertono i gusti più vari: quello della CIA, della NSA, della RAND, del KGB, della ricerca aerospaziale ed esobiologica e perfino della tradizione religiosa ed esoterica: elementi che si riscontrano anche nel fenomeno UFO, e non certo casualmente. Un argomento, dunque, che resta aperto a dispetto delle generalizzazioni di chicchessia. E se un giorno ne verremo a capo non sarà certo per merito di ottusi scettici o di superficiali sputasentenze che si illudono di sapere tutto a priori.
L’opinione di Jean-Pierre Petit
«È certo che l’esame del dossier ummita mi ha orientato verso ricerche che altrimenti non avrei mai affrontato. Nel campo della MHD (magnetoidrodinamica) e della cosmologia ho ottenuto risultati e proposto soluzioni tecniche che hanno trovato applicazione pratica 15 anni dopo (sottomarini e navi MHD). Altre soluzioni, già presentate in congressi internazionali, troveranno applicazione in un futuro ormai prossimo (per esempio, il volo ipersonico senza bang). Quanto alla cosmologia ritengo di aver prodotto lavori di qualità in due direzioni: quello della teoria gemellare dell’universo, pubblicato nel 1977, e quello di un modello di genesi cosmica (con tre articoli pubblicati fra il 1988 e il 1989) implicate fra l’altro la variazione della velocità della luce nel tempo. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la lettura dei testi ummiti.»
Petit afferma di veder male, come attori di quei testi, degli scienziati o degli agenti di servizi segreti. I primi ben difficilmente, a suo avviso, si sarebbero «divertiti» per quasi tre decenni a portare avanti un gioco del genere anziché sfruttare per proprio conto le idee suggerite nelle lettere; e quanto ai servizi segreti, essi avrebbero comunque dovuto ricorrere a degli scienziati di alto livello, e ciò solo per diffondere testi in seno ad una comunità (quella ufologica) assolutamente incapace di utilizzarli.
«Pertanto – continua Petit – la probabilità che il dossier ummita sia di origine puramente terrestre appare scarsa. In ogni modo ci sono due possibilità: o gli autori dei testi sono veramente quello che dicono di essere, cioè degli extraterrestri; oppure sono individui assolutamente non identificati che stanno perpetrando un inganno su scala planetaria. Quale che sia la verità ritengo lecito adottare la prima soluzione come ipotesi di lavoro.»
Il simbolo di UMMO e i giurisdavidici
scrisse nel 1975 il Sacerdote Capo della Chiesa Giurisdavidica Leone Graziani in riferimento alle foto di San José de Valderas, senza immaginare che ne sarebbe poi stata poi dichiarata la falsità dal fisico francese Poher:
«L’oggetto luminoso aveva forma circolare e portava vistosamente nella parte sottostante della carena, un segno caratteristico. Abbiamo subito notato che questo distintivo è il medesimo che portava in fronte il nostro fondatore David Lazzaretti. Cioè l’emblema per la maturazione della scienza terrestre, ricevuta in seno alla nostra Istituzione, da assimilare per essere idonei a congiungersi al Centro dell’Universo. Si compone di due ‘C’ contrapposte speculari, cioè aperte verso l’esterno, con in mezzo la croce a lati uguali, che significa la apertura della Terra nei suoi quattro punti cardinali, aperti verso la conquista della Scienza Universale. Già un’altra volta un avvenimento straordinario compiuto da cento apparecchi extraterrestri sul cielo di Roma ha richiamato l’attenzione».
«Sabato 6 novembre 1954, verso le 11 a.m., ero Wc nel quartiere Tuscolano quando vidi nel cielo – continua Graziani citato nel resoconto del console d’Italia Dr. Alberto Perego – alcuni dei famosi punti bianchi che luccicavano nel sole. Intorno a me vi era una ventina di operai dello stabilimento Neri di acque minerali. Alcuni vedevano benissimo questi puntini. Dopo circa mezz’ora calcolai che almeno una cinquantina di apparecchi dovevano essere presenti nel cielo di Roma. Verso mezzogiorno vidi una formazione perfetta a V di venti apparecchi, la più numerosa vista fino a quel momento, procedere da oriente verso Ostia. Quasi contemporaneamente, ne vidi un’altra identica procedere in senso opposto. Fu questione di poche decine di secondi. Le due squadriglie si incontrarono, si congiunsero ai vertici delle grandi V e formarono una perfetta croce greca di esattamente quaranta apparecchi (dieci per ciascun braccio). La croce ruotò su sé stessa di tre quarti di giro trasformandosi in una X. Poi le due squadriglie si distaccarono formando ciascuna una C (il Perego dice testualmente nella sua relazione ‘una serpentina’; comunque il disegno da lui fornito in merito alla manovra degli UFO da lui osservati indica effettivamente per tali ‘serpentine’ una forma a ‘C’. N.d.A.) di venti apparecchi. Dopo alcune curve nel cielo le due squadriglie scomparirono alla vista portandosi a quota superiore. Tutta la manovra era durata, complessivamente, circa tre minuti. La croce era stata disegnata in direzione di Trastevere-Monte Mario e cioè nel cielo sovrastante la Città del Vaticano».
«Molti sulla Terra – prosegue Graziani – si sono occupati e hanno cercato di capire questo insolito carosello aereo. Ora tocca a noi Giurisdavidici spiegarvi la ragione di questi interventi extraterrestri. Essi vengono per aiutarci a uscire vittoriosi in questa Era Apocalittica, sia da una guerra atomica che devasterebbe la Terra e sia per illuminare l’umanità che tutte le vecchie forme religiose sono ormai superate dalla Nuova Scienza Giurisdavidica.»
Secondo i Giurisdavidici, la manifestazione degli UFO su Roma il 6 novembre 1954, constatata senza alcuna pubblicità da parte degli organi di informazione solo da pochi altri testimoni (fra cui il compianto Presidente del CUN, Giancarlo Barattini), si giustificherebbe con la celebrazione nella capitale della Cristianità, a 75 anni di distanza dalla fondazione della loro Chiesa, della prima messa con rito giurisdavidico, svoltasi in quella data alla presenza di fedeli e giornalisti in Via Apuania n. 43. Un’interpretazione piuttosto forzata e di parte.
Chi scrive tiene a precisare che, senza che l’interessato sapesse che la nostra rivista si stava per occupare dell’argomento, una persona di Roma lo ha casualmente informato di avere anch’egli ricevuto a suo tempo dei «comunicati ummiti». Costui non ha esitato a fornire tale materiale in originale, in tutto due lettere: la prima e la terza delle tre ricevute, essendo la seconda andata smarrita nel corso degli anni.
La prima missiva, datata «24 febbraio 1973 E.C.» (verosimilmente, ‘Era Cristiana’), riporta I il timbro postale di Roma. E si tratta, anche se ci si rivolge al destinatario per nome e dunque in termini personalizzati, praticamente dello stesso testo pervenuto a CLYPEUS. L’unica differenza sono appunto alcune piccole frasi che non compaiono nell’altro testo, quali:
«Tu lo sai.»
«La nostra azione però iniziò tra il 1954 e il 1976, con amore.»
«Siamo talmente uguali a voi che neanche le tue ragazze di negozio ci sospettarono quando venimmo, da Te invitati, a mangiare cioccolato.»
e infine:
«Perché non venisti a Veio quando Te lo dicemmo? Lì potevi vedere Tu stesso… era preparato un grande privilegio per Te».
Tali differenze si giustificano con il fatto che, in precedenza, il destinatario avrebbe ricevuto una visita e una telefonata degli «Ummiti». A questo punto occorre precisare che il protagonista della storia è il Rag. Eufemio Del Buono, ammiratore di George Adamski, filo-contattista e ben noto per la sua azione divulgativa di questa tematica ufologica in Italia. Titolare di un esercizio a Monte Mario da cui si gode un panorama unico di Roma, la gelateria «Lo Zodiaco» (già «Il Pianeta del Gelato»), Del Buono (autore del volume «Noi e gli Extraterrestri», edito dalle Edizioni Mediterranee) non ha mai dato pubblicità all’accaduto, che gli abbiamo chiesto di ricostruire a distanza di tanti anni.
Premesso che chiunque avrebbe potuto copiare il testo della lettera a CLYPEUS reso noto 2 anni prima e farglielo avere, il riferimento ad una visita di due strani uomini corrisponde in effetti ad un fatto ben preciso.
E così pure l’invito telefonico rivolto da una voce metallica ad andare una certa sera nella zona della necropoli etrusca di Veio è un dato vissuto da Del Buono, che disertò l’incontro. E oggi è perplesso.
Alla prima missiva ne avrebbe fatta seguito una seconda, contenente una serie di «strane formule» di cui il destinatario cercò di venire a capo prestando la lettera a chi si offrì, fra i suoi conoscenti, di fornirne una possibile spiegazione. «La lettera si perse, e non saprei neanche io chi indicare come responsabile. Avrei dovuto farne una fotocopia», dice oggi Del Buono.
Poi, nel 1976, arrivò una terza lettera, datata «5 marzo 1976 E.C.». La più criptica. In essa il destinatario è chiamato «Fratello Coondaar», o anche «Fratello Panorama» (con riferimento a quello che si abbraccia su Roma dal suo locale), e i firmatari («Gli Amici», che siglano la missiva con il sigillo ummita e fanno riferimento nell’ultima riga ai dati contenuti nella precedente lettera andata perduta) esprimono dei concetti alla base dell’enunciazione di una specie di formula spazio-temporale illustrata in parte in un italiano non scevro da spagnolismi e da errori, e in parte in un inglese anch’esso tutt’altro che corretto (tali inesattezze linguistico-lessicali sono una costante di tutte le comunicazioni ummite).
Gli Ummiti spiegano infatti al loro interlocutore che: «(spesso) noi non siamo del mondo di cui tu fai parte. Noi siamo in un differente tipo di luogo». Anzi, più precisamente: «noi siamo in uno dei molti altri fluidi (flussi?) di tempo». Un concetto che: «se così può sembrare più facile da capire», essi esprimono con l’espressione matematica «Cg Og // B 14», la cui «opposta polarità» corrisponderebbe alla loro condizione dell’esistenza. Essi spiegano il concetto precisando che è come dire che «ci sarà un evento nell’al di là passato che è già accaduto nel futuro» e che «si incontrerà venendo dall’altra via», mentre – essi osservano – «noi tutto questo lo conosciamo sin da ora». Volendo schiudere al destinatario di questa loro lettera tale «meraviglioso e affascinante evento parte caratteristica del tuo tempo di esistenza geneticamente voluta», gli Ummiti meglio chiariscono il senso della espressione di cui sopra, precisando il valore da attribuire ai vari suoi simboli matematici. Cosi «C» indica la direzione in senso contrario di un flusso temporale, «g» il tempo in movimento, «Og» (o «zero g») il valore nullo del tempo in cui questo non scorre, «//» lo «svolgimento del fattore atemporale» e «B», invece, «l’altro termine di un tempo conosciuto che nel tuo caso è uno di 14 possibili alternative». Esso corrisponde per l’interlocutore ad «un momento di grande risveglio» ed è dato dal simbolo «B», appunto. Dei concetti fisici del tutto «sui generis».
La lettera, inoltre, esprime la necessità della «massima apertura con i fratelli» della Terra e del Cosmo, e concetti di amore universale al di là della lingua e dei refusi («amore!», «mucho amor»). Si parla anche di «diffusione intelligente di quanto chiarito» e di «intensificare la visita», cioè i rapporti, con referenti locali.
Quindi un accenno al fatto che «ci sono ora in movimento alcuni particolari campi magnetici la cui formazione fu inizialmente causata dalla (non meglio identificabile) grande apertura» verificatasi «quando il vecchio mondo fu una volta ancora rovesciato» e infine il riferimento ad altri tre nomi oltre «Coondaar»: Seti, Rohl e Ciq-wo, per la cronaca. E tant’è.
Del Buono si stringe nelle spalle. A suo tempo egli non dette seguito alla cosa. «E forse – si chiede oggi – fu un errore». Chissà…
Sia come sia, nel febbraio 1990 gli Ummiti si rifanno vivi in Italia. Stavolta il destinatario è un appassionato di Milano, Angelo Crosignani, cui perverrà, in lingua italiana, lo stesso testo ricevuto in spagnolo all’ufologo Ignacio Darnaude Rojas-Marcos di Siviglia, il 14 febbraio 1990. Si tratta, stavolta, di una comunicazione avente diretta attinenza con la situazione geopolitica del momento. Vi si menzionano Andrei Sakharov («Sajarov»), Mikhail Gorbaciov («Mijail Gorvachov») e George Bush, e sigle ben note nel linguaggio degli «addetti ai lavori» nel campo della Difesa (ICBM, SLBM, ABM, RBM) in riferimento ai missili intercontinentali e al «Sistema di Difesa Strategica» (SDI) più popolarmente noto come «Scudo Stellare» o «Guerre Stellari».
Non solo. Si tratta di «liberazione di tutti i Paesi dell’Est», e della «ondata» di avvistamenti in Unione Sovietica, con specifico riferimento al caso di «Voronez» (Voronezh). A dispetto della visione comunistoide (ma spiritualista) della realtà propria degli Ummiti. Ma vediamo nei dettagli il testo italiano che, secondo quanto indicato nella intestazione, dovrebbe essere la copia n. 106 di tale corrispondenza, inoltrata da Londra non solo in lingua italiana:
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Fin qui la lettera in questione.
A parte la suggestione di contenuti e riferimenti, quest’ultima missiva non poteva non indurre Crosignani a confrontarsi con chi, in Spagna, aveva ricevuto lo stesso materiale: Ignacio Damaude Rojas-Marcos, appunto.
Damaude – lo ricordiamo – si era a suo tempo espresso in termini piuttosto critici e scettici, considerando il fenomeno una «formidabile e grossolana soverchieria puramente umana» frutto di una misteriosa organizzazione fin troppo terrestre per finalità ancora ignote.
Quando Crosignani si confrontò con Darnaude erano trascorsi ormai quattro anni dal momento in cui la misteriosa lettera era pervenuta ai due. E nel frattempo era venuto alla ribalta Jean-Pierre Petit e soprattutto Jordan Pena, che si era autoaccusato di essere lui il «regista» e l’autore della corrispondenza «ummita». Tutto chiaro, dunque? Affatto.
Nella lettera di risposta a Crosignani, infatti, Damaude (in data 31 dicembre 1994) ringrazia per i dati pervenuti, «molto interessanti e già registrati nell’UMMOCAT» (un catalogo informatizzato delle comunicazioni ummite), e sottolinea che «è assolutamente impossibile che Jordan Pena sia l’autore delle informazioni», aggiungendo che un certo gruppo di ufologi scetticisi pretenderebbe che ci si bevesse tale inverosimile panzana. Una posizione ancor più significativa se si considera chi la esprime. Ma non solo.
Il 30 novembre 1994, in un articolo apparso sulla rivista «Gesto», lo scienziato francese Jean-Pierre Petit aveva già precisato, infatti, che: «Gli Ummiti mantengono un atteggiamento assai sconcertante verso di noi. Dal 1992 avevano tentato di stabilire un contatto diretto con me, che malauguratamente è saltato per le indiscrezioni croniche della rete dei corrispondenti spagnola. Allora essi misero in piedi un’operazione di disinformazione assai naif attraverso un loro contattato, Jordan Pena, che confessò di essere l’unico autore di tutta questa manipolazione; un’affermazione evidentemente ridicola, visto il livello scientifico delle informazioni, che Pena pretendeva di aver trovato in libri di fantascienza».
Ma c’è di più.
«Pena – sottolinea Petit – confidò a Rafael Farriols, nella Pasqua del 1993, nel corso di una conversazione telefonica di cui fu diretto testimone, che erano stati gli Ummiti stessi che gli avevano chiesto di agire così.» «Gli Ummiti, dunque, desidererebbero che ci si interessi a loro – conclude l’ingegnere del CNES – ma non troppo: un passo avanti e quattro indietro…».
Che dire? Nel 1993 lo studioso italo-argentino Dante Minazzoli ci confermò che una delle ultime lettere ummite, spedita da Cuba, sottolineava che gli Ummiti si dicevano pentiti di averci contattato, ammettevano di avere commesso molti errori con e fra noi ed esprimevano l’intenzione di interrompere ogni contatto e di fare ritorno al loro pianeta. A questa affermazione fa riscontro il parere di Ignacio Darnaude Rojas-Marcos: «lo credo che la questione di Ummo non sia affatto finita, e ritengo piuttosto che continuerà più viva che mai».
Un’opinione tutt’altro che peregrina se si considera la mole di materiale prodotto in oltre tre decenni dalla questione, alla quale anche l’Italia non è estranea.
Com’è noto, nel 1994 il fisico italiano Tullio Regge ha scritto che «l’affare Ummo fa parte del peggior sciocchezzario UFO ma desta comunque preoccupazione per la sua persistenza e per il dispendio di mezzi impiegati per mantenerlo in vita». E in parte ha certo ragione. Ma liquidare il tutto così è superficiale e pretestuoso. E anche senza ravvisare collegamenti fra il famigerato CICAP di cui Regge fa parte e il suo equivalente iberico ALTERNATIVA RACIONAL di cui è collaboratore Jordan Pena ai fini di una possibile azione concertata solo in apparenza tesa ad infrangere la questione di Ummo, resta il fatto che tale azione è stata palesemente usata come strumento in Spagna da Pena, fino al giorno prima anch’egli destinatario delle missive ummite, per attaccare a fondo l’ufologia e gli ufologi. È avvenuto con il suo articolo «Umma: otro mito che hace crash» (in ALTERNATIVA RACIONAL n. 29/1993), la cui conclusione è che la montatura su Ummo dimostrerebbe che l’intera ufologia è una forma di paranoia. Come da sempre dice in pratica da oltre Atlantico il CSICOP, casa-madre sia del CICAP che di ALTERNATIVA RACIONAL.
Cosa concludere, dunque? Poco e molto allo stesso tempo. Poco perché il volto degli «Ummiti» (terrestri o originari del Sistema di «Wolf 424» che siano) resta ancora celato dopo oltre 30 anni; molto perché a tutt’oggi l’evidenza rivela che la questione è fin troppo viva e reale: da decenni un gruppo organizzato e dotato di conoscenze sofisticate e mezzi di prim’ordine si manifesta da e in tutto il mondo con studiosi, uomini di cultura, scienziati e ufologi, in un costante e contraddittorio incontro-confronto. E che si tratti di «un vasto e fuorviante progetto di intelligence», degli operatori di un «test di lungo termine dalle occulte finalità» o dell’azione di un gruppo «estraneo» e «infiltrato» teso a stabilire «una forma di cauto contatto mirato caratterizzato da forme di depistaggio mimetico» poco importa. Chi scrive sa di altri che in Italia sono stati contattati dai presunti «Ummiti» e che non vogliono che si sappia; fatto che amplia così il quadro che ci siamo sforzati di delineare. E se si comprende il contatto con personaggi più o meno noti o con esponenti ufologici non necessariamente di spicco ma in grado di interagire efficacemente con e nell’ambiente degli «addetti ai lavori» del settore, assai meno si spiega il rapporto con isolati.
Sì, certo, una mistificazione pura e semplice spiegherebbe tutto. Resta però il fatto che, in ogni caso, Ummo non è soltanto una mistificazione. È un calice contenente un cocktail in cui si avvertono i gusti più vari: quello della CIA, della NSA, della RAND, del KGB, della ricerca aerospaziale ed esobiologica e perfino della tradizione religiosa ed esoterica: elementi che si riscontrano anche nel fenomeno UFO, e non certo casualmente. Un argomento, dunque, che resta aperto a dispetto delle generalizzazioni di chicchessia. E se un giorno ne verremo a capo non sarà certo per merito di ottusi scettici o di superficiali sputasentenze che si illudono di sapere tutto a priori.
L’opinione di Jean-Pierre Petit
«È certo che l’esame del dossier ummita mi ha orientato verso ricerche che altrimenti non avrei mai affrontato. Nel campo della MHD (magnetoidrodinamica) e della cosmologia ho ottenuto risultati e proposto soluzioni tecniche che hanno trovato applicazione pratica 15 anni dopo (sottomarini e navi MHD). Altre soluzioni, già presentate in congressi internazionali, troveranno applicazione in un futuro ormai prossimo (per esempio, il volo ipersonico senza bang). Quanto alla cosmologia ritengo di aver prodotto lavori di qualità in due direzioni: quello della teoria gemellare dell’universo, pubblicato nel 1977, e quello di un modello di genesi cosmica (con tre articoli pubblicati fra il 1988 e il 1989) implicate fra l’altro la variazione della velocità della luce nel tempo. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la lettura dei testi ummiti.»
Petit afferma di veder male, come attori di quei testi, degli scienziati o degli agenti di servizi segreti. I primi ben difficilmente, a suo avviso, si sarebbero «divertiti» per quasi tre decenni a portare avanti un gioco del genere anziché sfruttare per proprio conto le idee suggerite nelle lettere; e quanto ai servizi segreti, essi avrebbero comunque dovuto ricorrere a degli scienziati di alto livello, e ciò solo per diffondere testi in seno ad una comunità (quella ufologica) assolutamente incapace di utilizzarli.
«Pertanto – continua Petit – la probabilità che il dossier ummita sia di origine puramente terrestre appare scarsa. In ogni modo ci sono due possibilità: o gli autori dei testi sono veramente quello che dicono di essere, cioè degli extraterrestri; oppure sono individui assolutamente non identificati che stanno perpetrando un inganno su scala planetaria. Quale che sia la verità ritengo lecito adottare la prima soluzione come ipotesi di lavoro.»
Il simbolo di UMMO e i giurisdavidici
scrisse nel 1975 il Sacerdote Capo della Chiesa Giurisdavidica Leone Graziani in riferimento alle foto di San José de Valderas, senza immaginare che ne sarebbe poi stata poi dichiarata la falsità dal fisico francese Poher:
«L’oggetto luminoso aveva forma circolare e portava vistosamente nella parte sottostante della carena, un segno caratteristico. Abbiamo subito notato che questo distintivo è il medesimo che portava in fronte il nostro fondatore David Lazzaretti. Cioè l’emblema per la maturazione della scienza terrestre, ricevuta in seno alla nostra Istituzione, da assimilare per essere idonei a congiungersi al Centro dell’Universo. Si compone di due ‘C’ contrapposte speculari, cioè aperte verso l’esterno, con in mezzo la croce a lati uguali, che significa la apertura della Terra nei suoi quattro punti cardinali, aperti verso la conquista della Scienza Universale. Già un’altra volta un avvenimento straordinario compiuto da cento apparecchi extraterrestri sul cielo di Roma ha richiamato l’attenzione».
«Sabato 6 novembre 1954, verso le 11 a.m., ero Wc nel quartiere Tuscolano quando vidi nel cielo – continua Graziani citato nel resoconto del console d’Italia Dr. Alberto Perego – alcuni dei famosi punti bianchi che luccicavano nel sole. Intorno a me vi era una ventina di operai dello stabilimento Neri di acque minerali. Alcuni vedevano benissimo questi puntini. Dopo circa mezz’ora calcolai che almeno una cinquantina di apparecchi dovevano essere presenti nel cielo di Roma. Verso mezzogiorno vidi una formazione perfetta a V di venti apparecchi, la più numerosa vista fino a quel momento, procedere da oriente verso Ostia. Quasi contemporaneamente, ne vidi un’altra identica procedere in senso opposto. Fu questione di poche decine di secondi. Le due squadriglie si incontrarono, si congiunsero ai vertici delle grandi V e formarono una perfetta croce greca di esattamente quaranta apparecchi (dieci per ciascun braccio). La croce ruotò su sé stessa di tre quarti di giro trasformandosi in una X. Poi le due squadriglie si distaccarono formando ciascuna una C (il Perego dice testualmente nella sua relazione ‘una serpentina’; comunque il disegno da lui fornito in merito alla manovra degli UFO da lui osservati indica effettivamente per tali ‘serpentine’ una forma a ‘C’. N.d.A.) di venti apparecchi. Dopo alcune curve nel cielo le due squadriglie scomparirono alla vista portandosi a quota superiore. Tutta la manovra era durata, complessivamente, circa tre minuti. La croce era stata disegnata in direzione di Trastevere-Monte Mario e cioè nel cielo sovrastante la Città del Vaticano».
«Molti sulla Terra – prosegue Graziani – si sono occupati e hanno cercato di capire questo insolito carosello aereo. Ora tocca a noi Giurisdavidici spiegarvi la ragione di questi interventi extraterrestri. Essi vengono per aiutarci a uscire vittoriosi in questa Era Apocalittica, sia da una guerra atomica che devasterebbe la Terra e sia per illuminare l’umanità che tutte le vecchie forme religiose sono ormai superate dalla Nuova Scienza Giurisdavidica.»
Secondo i Giurisdavidici, la manifestazione degli UFO su Roma il 6 novembre 1954, constatata senza alcuna pubblicità da parte degli organi di informazione solo da pochi altri testimoni (fra cui il compianto Presidente del CUN, Giancarlo Barattini), si giustificherebbe con la celebrazione nella capitale della Cristianità, a 75 anni di distanza dalla fondazione della loro Chiesa, della prima messa con rito giurisdavidico, svoltasi in quella data alla presenza di fedeli e giornalisti in Via Apuania n. 43. Un’interpretazione piuttosto forzata e di parte.